L’Antitrust si pronuncia a proposito del limite subappalto

L’AGCM ha espressamente chiesto a Governo e Parlamento che venga eliminato il limite al subappalto previsto dal Codice dei Contratti, ritenendola una modifica normativa necessaria in quanto, quella italiana, allo stato attuale, risulterebbe in contrasto con quella europea.

Di recente, sulla materia, è intervenuto anche il legislatore nazionale con il decreto cosiddetto “sbloccacantieri”, che ha innalzato la soglia massima del subappalto dal 30% al 40% fino al 31 dicembre 2020: in pratica, viene dettata una disciplina transitoria del subappalto nelle more di una complessiva revisione del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

In particolare, viene previsto che il subappalto venga indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara e che non possa superare la quota del 40 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. Disposizioni, queste, che operano in deroga all’articolo 105, comma 2, del codice medesimo, che prescrive inoltre la necessità di indicare il subappalto nel bando di gara e fissa la soglia massima del subappalto, che non può superare la quota del 30 per cento dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture. 

L’intervento del legislatore è stato necessario per rispondere alla Commissione europea che contestava all’Italia l’incompatibilità di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 50 del 2016 e, tra queste, il limite al subappalto ritenuto incompatibile con il diritto comunitario. 

Proprio in previsione della “prossima scadenza delle soluzioni temporaneamente  apprestate dal legislatore”, che riporterà al 40% il tetto massimo dei subappalti, l’Antitrust richiede un intervento risolutivo del Governo perché modifichi le norme limitative del subappalto per il concessionario pubblico, in contrasto con la normativa europea. L’Autorità ritiene che eventuali limiti al ricorso al subappalto dovrebbero essere proporzionati all’obiettivo di interesse generale che si intende raggiungere e giustificarsi in relazione al caso concreto, sulla base di criteri ben definiti e motivati dalla stazione appaltante in sede di gara. Le modifiche normative richieste dall’Autorità sono volte pertanto a

  • eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile;
  • prevedere l’obbligo in capo agli offerenti, che vogliono ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori;
  • consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto, proporzionati rispetto agli obiettivi generali e che siano adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori. 

Si ricorda infine che è all’esame della Commissione Politiche dell’UE della Camera il disegno di legge per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2019-2020: uno dei due strumenti predisposti dalla legge n. 234 del 2012 che mirano ad adeguare periodicamente l’ordinamento nazionale a quello dell’Unione e reca norme di diretta attuazione finalizzate a porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell’UE nell’ordinamento nazionale che hanno dato luogo a procedure di infrazione. A inizio 2019, infatti, la Commissione UE ha aperto una procedura d’infrazione 2018/2273 contro l’Italia per «mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici»: i rilievi più gravi riguardano le disposizioni del Codice dei Contratti concernenti il subappalto. il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico e l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti. L’intervento normativo della legge europea 2019-2020 ha proprio l’intento di risolvere definitivamente le contestazioni sollevate dalla Commissione europea sul Codice Appalti. Per esempio, viene eliminata la possibilità che un operatore economico possa essere escluso da una procedura di gara, quando la causa di esclusione riguardi non già l’operatore medesimo, bensì un suo subappaltatore, nei casi di obbligo di indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta o, indipendentemente dall’importo a base di gara, che riguardino le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. Inoltre, il concorrente non è più obbligato ad indicare la terna di subappaltatori in sede di offerta, per appalti di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie UE, o, indipendentemente dall’importo a base di gara, per le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa. Viene inoltre stabilito che, a dimostrare l’assenza in capo ai subappaltatori dei motivi di esclusione, sia il medesimo subappaltatore e non già il concorrente che subappalta le attività.

Ne consegue che, per effetto delle modifiche introdotte nel Codice dall’articolo in esame, il DDL dispone la soppressione di parte della disciplina transitoria relativa al subappalto, recata dallo “SbloccaCantieri” che, nelle more di una complessiva revisione del Codice, ha previsto l’applicazione temporanea fino al 31 dicembre 2020 di norme identiche/analoghe a quelle introdotte dalla norma in esame, con conseguente sospensione contestuale dell’efficacia delle vigenti disposizioni in materia.